Bonus Giorno 2– Wadi Rum
Dedico questa storia a Chiara Gioffredo, perché se dico vecchietti penso a te, se dico vecchietti esploratori British in mezzo al deserto penso a te all’ennesima potenza. Avrei voluto ci fossi anche tu.
Chiedo scusa per le parti in inglese ma sono l’unico modo per rendere il momento, così come è accaduto.
Dunque, Wadi Rum. Primo canyon del giro. In certi punti largo poco più di un metro. Muri di roccia altissimi, levigata dal passaggio di turista dopo turista. Un po’ si sabbia sul fondo, ma si passa più in alto. Ci si arrampica. Ogni slargo è formato da una pozza d’acqua putrida e piuttosto profonda. Per superarla aggrapparsi alle pareti, mettere i piedi sulle poche pietre umide che affiorano. Ma ce la si fa. E il canyon è un vicolo cieco. Un’ultima pozza ci attende. Volendo ci si può arrampicare oltre il muro, non molto alto, del fondo. La pietra è così levigata che ho paura. Paul però sale. Fa arrampicata, mi dice Hanna, la sua ragazza.
Mentre torniamo Hanna è davanti a me, sta passando una pozza particolarmente complicata da superare. Dall’altra parte sale una voce allegra, alta, maschile.
Young lady you are my inspiration, you are my inspiration!, continua ad urlare.
Appartiene a un uomo sulla settantina, che sembra essere stato teletrasportato lì. I suoi vestiti urlano Inghilterra, parchi e passeggiate nella brughiera, non canyon e sabbia. Gilet morbido, camicia a quadri, baffi grigi.
Ride della grossa, continua a incitarci.
Le risate si moltiplicano.
Lui e il suo compagno ci chiedono se ci sono solo altre pozze più in là, sembrano restii ad andare oltre.
Ma sta tornando indietro anche mia madre. Le loro età sono più vicine che la sua e quella di Hanna e forse questa vicinanza gli ispira atti eroici.
You can do it! You are my inspiration! You are my inspiration!, si rimette a urlarle mentre io rido senza riuscire a fermarmi.
Anche mia madre ride e quando arriva dalla nostra parte la accolgo in un abbraccio.
You did it!, il signore le dice scuotendola un po’.
You can do it!, gli dico io. È il suo turno, la sua traversata. I believe in you. Gli batto un cinque e lui tiene la mia mano tra la sua, scuotendola.
I can do it! I believe in me! I believe in me!, ripete decine di volte sempre più forte.
Now I want to see you, gli dice mia madre.
Lui se la ride ancora, finge di non voler essere guardato. Ma va comunque, io gli rubo una foto di schiena, e arriva con agilità dall’altra parte.
Bravo!, gli urla mia madre in italiano.
Grazie, risponde lui nella nostra lingua e si inchina come una ballerina tra i nostri applausi.
E le nostre strade si dividono, noi verso l’uscita, lui verso il fondo del canyon.
Durante le sei ore di tour nel Wadi Rum vedo spesso le stesse facce, turisti portati da altre guide negli stessi posti che sto visitando io. Ma lui no, non lo rivedrò più. Una apparizione che dispensa buonumore e che appartiene solo al canyon.