Dopo la storia di Gabriele che si è trasferito a Londra e quella di Igor che ha vissuto in giro per l’Inghilterra e ci ha consigliato le città migliori, ecco un’altra intervista a una persona che è stata per qualche mese negli UK in Erasmus (un po’ come ho fatto io in Lituania). La storia di Sara ci racconta della vita da studente a Bristol, della storia della città e ci dà qualche consiglio turistico.

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Perché hai scelto proprio gli UK per l’Erasmus?
A chiunque abbia mai fatto domanda per l’Erasmus sembrerà paradossale ma ho scelto l’Inghilterra perché avevo paura di non essere scelta per la Germania! All’epoca studiavo inglese e tedesco alla facoltà di lingue, quindi la scelta era fra due paesi, Regno Unito e Germania.
Il mio livello di tedesco però era infimo mentre con l’inglese me la cavavo già bene (meglio della media), così ho scelto di puntare sul Regno Unito, per il quale sentivo di avere più chance nonostante la competizione spietata (sia per il numero enorme di studenti di inglese che per la penuria di posti disponibili, appena 10 per l’intera facoltà). Bristol fu un’altra scelta obbligata, essendo l’unica destinazione di un solo semestre che non fosse Londra (troppo cara per le mie finanze).
Si sente poco parlare di Bristol, come descriveresti la città?
Bristol è una città di mare lontana dal mare, ma non come Pisa che 500 anni fa era direttamente sulla costa: fra Bristol e l’Atlantico ci sono 10 chilometri di colline millenarie. Eppure l’oceano è ovunque, nei gabbiani enormi e spudorati che sono i veri padroni della città, nell’aria spesso salmastra e anche nel suo fiume, l’Avon (sì, lo stesso di Stratford-upon-Avon). Qui sull’Atlantico (dove un lunghissimo golfo che sembra quasi un estuario separa il Galles meridionale dall’Inghilterra) le maree sono così forti da risalire il corso del fiume fino a Bristol, alzando di parecchi metri il livello delle acque e rendendo il suo porto accessibile anche a navi di grossa stazza.
Fu così, sfruttando il flusso e il deflusso delle maree, che Bristol fece la sua fortuna e divenne uno dei principali porti del paese, nonché il perfetto trampolino di lancio per l’esplorazione del Nuovo Mondo. Un esempio su tutti: proprio da qui nel 1497 partì la prima nave inglese a raggiungere il Nord America, capitanata dal veneziano Giovanni Caboto.

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La storia marittima di Bristol però nasconde anche tante ombre. La città fu, assieme a Liverpool, il vertice britannico del “commercio triangolare”. Da qui i prodotti finiti inglesi prendevano la volta del sub-Sahara, dove venivano scambiati con esseri umani; sempre qui arrivavano dalle Americhe cotone, caffè, tabacco e tutte le materie prime ottenute grazie allo sfruttamento di schiavi. Se Bristol è tuttora così prospera e ricca di begli edifici del XVIII e XIX secolo, lo deve anche alla tratta di esseri umani.
Bristol oggi è anche e in larga parte una città universitaria. La University of Bristol è diventata in meno di due secoli una delle più prestigiose del Regno Unito e fra le prime 50 nelle classifiche mondiali.
Com’era la tua giornata tipo?
Non c’erano giornate tipo, tutto dipendeva dagli impegni: una delle differenze con il sistema universitario italiano è che le ore di lezione frontale sono molte, molte di meno a parità di crediti. Per fare un esempio, un corso di 9 crediti in Italia ha un impegno semestrale di due ore al giorno per tre giorni la settimana. Un corso di 10 crediti nel Regno Unito prevede appena due ore di lezione a settimana!
In genere sveglia senza orari, spesso quando il sole diventava insopportabile (niente persiane in Inghilterra!). Colazione con pane tostato e imburrato e the o succo di frutto. Verso l’ora di pranzo uscivo di casa per andare in facoltà (40 minuti a piedi), fermandomi a prendere qualcosa per pranzo al supermercato o nelle catene economiche di panini e jacked potatoes.
Due volte a settimana pranzavo presso un’associazione che incoraggiava gli scambi interculturali e che offriva a 5 sterline un buffet di zuppe o altri piatti caldi. Le lezioni (quando c’erano) iniziavano in genere nel primo pomeriggio; una volta finite, andavo in biblioteca o mi vedevo con amici o esploravo la città. Tornavo a casa per le 19: la cena, preparata dalla mia landlady, iniziava alle 19:30.
Se non avevo impegni e faceva bello partivo per lunghe passeggiate. Ci sono parchi stupendi a Bristol, con prati verdissimi, boschi secolari e cervi e scoiattoli quasi domestici. A volte, se avevo la giornata completamente libera, prendevo un pullman extraurbano e andavo a camminare in campaga. Il paesaggio è quello tipico inglese: dolci colline, prati e boschetti, recinti per le pecore, ogni tanto qualche campo di grano che a maggio è verde-oro, il tutto costeggiato da sentieri. Avete presente la Contea di Tolkien? Quella di Bristol è uguale.

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Uscivo due o tre sere a settimana; in generale però non rimanevo fuori a lungo. Per gli studenti inglesi fare festa equivale a ubriacarsi o a fingere di essere ubriachi marci. Vomito ovunque, studentesse accasciate per terra e con tutto in vista alle sette di sera (!), dappertutto gente che barcolla e urla.
Non faceva per me, ragione per la quale rimanevo per lo più nei giri degli studenti internazionali che, di solito, non perdevano così platealmente la dignità. Si beveva (il sidro di quelle zone è qualcosa di divino!) e si stava allegri ma senza l’esibizionismo degli inglesi.
Ti piacciono queste interviste? Qui puoi trovarne altre di persone che come Sara hanno vissuto o vivono all’estero e di persone che sono invece nate da genitori di diverse nazionalità!
E com’erano le lezioni?
Le lezioni erano poche ma interessantissime. I professori inglesi tengono corsi esclusivamente monografici sugli argomenti di cui sono specialisti (e di cui sono quindi appassionati!). Un esempio: una dei due docenti di letteratura tedesca della facoltà di lingue è una studiosa di Kafka, quindi ogni anno lei tiene solo corsi esclusivamente su Kafka, con nessuna parte istituzionale come storia della letteratura o simili.
La conseguenza, a mio parere, è che gli studenti che escono da questi corsi sono preparatissimi su un argomento specifico ma non hanno un quadro d’insieme. Un esempio? Nessuno dei miei 20 compagni di corso di Historical Linguistics (studenti del secondo anno di lingue) aveva idea di che cosa fosse una vocale dal punto di vista fonologico. Che è una cosa abbastanza grave, per uno studente di lingue. Come se uno studente di lettere non sapesse cosa sia un endecasillabo.
Quali sono le tappe da non perdere per chi visita Bristol?
Una prima tappa è Queen Square, vicino al porto. Si tratta di una zona ricca di palazzi vittoriani, che spesso vengono scelti come set per film e serie tv ambientati nell’ottocento. Da qui in pochi minuti si arriva al porto, una zona di edifici moderni dove c’è sempre un gran viavai. Merita una visita (malgrado il costo non indifferente del biglietto) la SS Great Britain, che fu il primo piroscafo di ferro ad attraversare l’Atlantico. Se passate qualche giorno a Bristol vale la pena di controllare le locandine dell’Hippodrome Theatre, dove vanno in scena tutte i principali musical londinesi (e prima di farvi spaventare dai prezzi chiedete se ci sono standing tickets disponibili: resterete in piedi ma il portafoglio vi ringrazierà).
Dal porto salite sulla collina di Clifford, che è la Bristol bene. Vi troverete la cattedrale, bei palazzi storici, piccoli parchi curatissimi (uno dei quali, Brandon Hill, è il più antico parco pubblico del mondo) e gli edifici neogotici dell’università (come la Wills Memorial Building Tower).

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All’estremità occidentale di Clifton troverete il fiore all’occhiello di Bristol, il Clifton Suspension Bridge, un capolavoro di ingegneria di metà ottocento. Si tratta di un ponte sospeso, a cavallo della gola del fiume Avon, costruito a 100 metri d’altezza.
Da qui attraversate il ponte e riposatevi nella Leigh Woods National Reserve, uno dei più bei parchi di Bristol.
Un capitolo (e un tour) a parte meritano i graffiti del più famoso cittadino di Bristol, Bansky. Ce ne sono a decine, disseminati in tutta la città. Alcuni sono impossibili da ignorare (come il Well Hung Lover, una finestra fittizia sulla centralissima College Green), altri dovrete andarli a cercare, muniti di mappa e vaghe indicazioni, in anonimi vicoli della parte industriale del porto (come The Girl with Pearl’s Earring).