Londra è senza dubbio la destinazione preferita dagli expat italiani negli UK. Dopo aver raccontato l’esperienza di Gabriele a Londra e aver intervistato Igor sulla sua vita in diverse città della Gran Bretagna, capitale inclusa, è il turno di Giulia, che dopo aver fatto la au pair ha lavorato per diversi mesi in uno dei più grandi centri culturali londinesi: il British Museum.
Perché hai deciso di trasferirti a Londra?
L’obiettivo del trasferimento a Londra era stato, in prima istanza, di riuscire ad acquisire una padronanza della lingua inglese tale da permettermi di conseguire un alto punteggio nella certificazione IELTS, quindi accedere ai programmi PHD o Master di una delle due università londinesi più importanti per la ricerca Etnomusicologica, il King’s College e il SOAS.
Al raggiungimento dello scopo, avevo ritenuto fosse importante una full immersion nella “British Life and Language”, e così avevo cercato e trovato un posto come ragazza alla pari in una famiglia inglese della Greater London.
Quanto sei rimasta a Londra e di cosa ti occupavi? È stato facile trovare lavoro?
La mia vita londinese si è articolata in due momenti ben diversi tra loro e inframezzati da una parentesi di due mesi estivi trascorsi in Sicilia: infatti, partita alla fine del Dicembre 2015, rientro in patria nel Luglio 2016, per ripartire per Londra a Settembre dello stesso anno e restarvi nuovamente fino la fine del Luglio 2017. Insomma, meno di due anni.
Come dicevo, il primo trasferimento coincide con la fase “au-pair girl”, dove entro a far parte della famiglia Crancher per sette mesi, occupandomi dei bambini e della casa per la gran parte del tempo, sfruttando il resto frequentando una scuola d’inglese, scoprendo Londra e girando l’Inghilterra con grandi affidabili Coach, i bus inglesi.
Al mio ritorno a Settembre, la necessità di indipendenza totale – ormai diventata imprescindibile visti i risultati della convivenza come au-pair- mi spinge alla ricerca di un qualsiasi impiego, tra cui possibilità nel campo dell’arte e del Cultural Heritage. Dopo meno di una settimana sono chiamata a un colloquio presso il British Museum per un impiego da Barista/Team Member nella compagnia Benugo; allo scadere del contratto di prova di un mese, entro a far parte a tempo indeterminato della compagnia.
Il racconto risponde all’ultima domanda: trovare lavoro a Londra era stato fin troppo facile.
Com’era la tua giornata tipo?
Sveglia da “Early Bird” prima del sorgere del sole, corsetta lungo il canale di Notting Hill, celere preparazione per la giornata di lavoro, attesa (breve) del bus per prendere la metro, arrivo al BM in anticipo rispetto all’orario previsto, caffè d’inizio, lavoro fino alle 5-6 pm con una pausa di 30’ spaccati, rientro a casa e attesa del rientro della persona più importante della mia “London Life”, la mia amica Giorgia.
Nei giorni off, cioè di riposo, niente di tutto ciò ovviamente; quelli erano i momenti dedicati alla scoperta, al nutrimento dell’anima e del corpo, all’arte e alla bellezza, volti a fare di quella città sconosciuta la mia casa.
Qui puoi trovare interviste ad altre persone che come Giulia hanno vissuto o vivono all’estero e di persone che sono invece nate da genitori di diverse nazionalità!
Quali sono le differenze che hai notato tra gli UK e l’Italia? Cosa ti mancava e cosa, invece, funzionava meglio?
Riconoscevo una distanza sostanziale tra stile di vita made in Italy e quello londinese: essa risiedeva nella velocità del mutare dei luoghi della città, nella mescolanza eterogenea di volti e colori e odori, nella spontanea vicinanza avvertita con chi sconosciuto ti siede accanto, nella libertà del vestiario che pure denota comunque un’appartenenza, nella voracità del lavoro che crea competizione, in un senso dell’humor volto all’autoironia.
E poi l’idea di “casa” e di “cibo” erano tanto lontane dalla concezione italiana di questi due valori fondamentali, eppure convivevano perfettamente con l’esaltazione british della pasta alla Bolognese, della pizza, del Colosseo, del Caravaggio, dei canali di Venezia.
E poi la politica: la presenza di sua Maestà La Regina Elisabetta II conferiva un grande senso di sicurezza anche nei momenti di crisi e instabilità, gli scioperi e le rimostranze erano condotte ordinatamente così come le azioni volte all’opposizione politica, tutto pareva più “sensato”, rispettoso, ovviamente ciò prima dell’arrivo della Brexit.
In fine, la birra è consumata al posto dell’acqua, e l’arte, qualsiasi forma essa abbia, è considerata un’opportunità e uno stimolo.
Sentivo la mancanza “sintomatica” della mia famiglia; a volte sentivo la mancanza di confort, di tempo e di qualità della vita, in un’esistenza votata per la grande parte al lavoro, e avrei avuto bisogno di lentezza e di meno pressione sul lavoro.
Quali sono i tuoi posti del cuore di Londra?
Il cortile del British Museum, la passeggiata sul Tamigi della BankSide, la stanza del Cavallo di Stubbs alla National Gallery, il Borough Market, le gallerie d’arte contemporanea dietro Piccadilly Circus, il supermercato biologico di Wholefood…
Che consigli daresti a coloro che vogliono trasferirsi a Londra?
Cercate di trovare una casa pulita e comoda ed evitate di avere più di 4 coinquilini.
Dopo di ciò, vorrei poter dire di lasciare che Londra vi trasporti con la sua energia, di farvi ispirare dal “diverso”, di cogliere le opportunità, anche se potreste trovare una città diversa da quella che ha accolto me.