Giorno 21, tra Kharkhorin e Ulaanbaatar
Forse la giornata con meno da scrivere. Ritorno a Ulaanbaatar, col solito pullman, le solite canzoni trasmesse alla tv e un nuovo libro iniziato dall’ebook reader che mi tiene incollata per diverse ore (Sorella, mio unico amore di Joyce Carol Oates). Arrivati a Dragon Station, la stazione degli autobus col nome fighissimo, troviamo un tassista stranamente onesto che però non è molto sicuro di riuscire a trovare la nostra destinazione.
A ogni semaforo mi chiede il telefono col navigatore offline e finisce per chiamare l’ostello e chiedere informazioni. Appena ha chiaro il percorso, però, diventa super chiacchierone, pur non parlando una parola di inglese. Ci chiede i nostri nomi, e ci dice il suo. Ci chiede se abbiamo un figlio (No! Sembro incinta?) e ci dice che lui ne ha uno. Da dove veniamo? Che lingue parliamo?
La viabilità dell’area vicina all’ostello però lo coglie impreparato, e decidiamo di salutarlo a una via di distanza, che percorreremo a piedi. L’ostello più che un ostello è un casa con due stanze per gli ospiti, una doppia, la nostra, e un dormitorio. Il bagno è pieno di spazzolini e shampoo usati, forse, dallo staff. Ma, per lo meno, qui possiamo entrare in possesso dei biglietti del treno per la Russia.
Ci accoglie un ragazzo il cui inglese faccio sempre un po’ fatica a capire. Spigliato, ha voglia di chiacchierare. Ci dice che deve averci già visto, in stazione forse. Non ricordo di lui, ma immagino sia uno dei tanti ragazzi che ci ha letteralmente attorniato cercando di venderci i loro tour della Mongolia non appena abbiamo messo piede sulla banchina della stazione di Ulaanbaatar.
Non devo averlo trattato molto bene allora. Anche qui è insistente. Ci chiede cosa abbiamo in programma per questi giorni e la nostra risposta “Vogliamo visitare Ulaanbaatar e i musei” non lo soddisfa a prova ripetutamente a venderci il suo tour con visita alla statua di Genghis Khan. Statua che in effetti vorrei vedere, ma ci resta solo un giorno e mezzo in Mongolia e vorremmo vedere la capitale. E siamo stanchi di bus, auto e sballottamenti in giro per il Paese.
Ci riposiamo un attimo, il traffico della città ci ha fatto arrivare in ostello un’ora dopo l’arrivo alla stazione, e poi usciamo per cena, alla volta di Luna Blanca, il primo ristorante vegano aperto in Mongolia con recensioni ottime. Il locale sorge dentro un centro/tempio buddista ed i suoi camerieri sono giovani e cordiali. Provo un tofu piccante buonissimo con riso bianco e mi rendo conto che questi giorni di cibo mongolo mi hanno un po’ appesantita e stressata e che qualcosa di semplice come del banalissimo riso bianco è più che benvenuto.
E la giornata finisce più o meno qui, giorno di confine, di transizione. Si torna in stanza, si gioca a carte, si dorme. O almeno, si prova. I ragazzi dell’ostello sembra usino le ore notturne per mettere a posto, pulire, o chissà cosa, facendo rumore per ore. Porte troppo sottili.
Highlight della giornata: i maialini che scorrazzavano per il villaggio della pausa pranzo.
Cliccando qui puoi trovare i consigli di viaggio sulla Transmongolica e il diario giorno per giorno, mentre qui puoi andare in ordine e leggere il giorno 20 e il giorno 22.