Giorno 23, tra Mongolia e Russia
Siamo seduti in prima fila, naso quasi contro il vetro, al piano di sopra di uno di quei pullman a due piani, diretti in Russia. Una mucca corre lungo il bordo della strada, uno zoccolo in fiamme. Riesce però presto a spegnersi, lasciando al povero animale una zampa annerita e zoppicante. Tiro un sospiro di sollievo, che viene presto interrotto quando l’animale decide di buttarsi, con una capriola, in mezzo la strada, tra le ruote del pullman.
Con l’avvicinarsi della partenza per la Russia una parte di me, oltre che eccitata, è anche decisamente agitata, a giudicare dai miei sogni. Ma oggi il gran giorno è arrivato e fremo all’idea di cambiare Paese. Non che la Mongolia non mi piaccia, anzi, ma sento che è venuta l’ora di andare oltre, scoprire cose nuove, vedere facce nuove, cambiare aria.
La mattina è passata a fare preparativi: doccia, valige, spesa (noodles!), invio cartoline. Il tugrik, la moneta mongola, non viene cambiata all’estero quindi ci destreggiamo tra spendere quasi tutto quello che abbiamo e vedere che ce ne resti abbastanza per le ultime eventuali spese. Pranzo, come sempre in questi giorni a Ulaanbaatar, da Luna Blanca, dove siamo ormai diventati clienti affezionati a giudicare dal: “è un piacere riavervi qui, ragazzi”, con cui ci accoglie il giovane cameriere con gli occhiali e l’accento british. È un piacere anche per noi e un po’ ci piange il cuore l’idea di lasciare questo posto fantastico indietro.
Come a chiudere un cerchio, il tassista, chiamato dall’ostello, che ci porta alla stazione è zoppo e ha di fianco al suo sedile una stampella, così come lo era anche il primo tassista (non proprio tassista) che il primo giorno ci aveva raccattati alla stazione e portati all’appartamento.Arriviamo in stazione più di un’ora prima della partenza, ma non siamo gli unici e il treno è già lì che ci aspetta. Sento la gioia della nuova partenza salire, forse sono quasi questi i momenti più belli per me. Il passaggio dalla Cina alla Mongolia è stato enorme, tanto che ora sento la Cina come un altro viaggio, qualcosa fatto secoli fa, mi chiedo se anche Russia-Mongolia mi sembreranno due viaggi completamente diversi.
Possiamo entrare in treno, e mi accorgo subito che non sono pronta a lasciare la Mongolia così velocemente. Il treno è come una lunga enclave russa. La responsabile del nostro vagone si chiama Oksana e quando la si chiama risponde con “Da?”, il treno è rosso e marrone, quasi un tuffo nel passato inizio secolo zarista, e fumo nero circonda il nostro vagone ogni volta che viene cambiata la marcia. Perfino il bagno sembra urlare Siberia con quella carta igienica che sembra corteccia di betulla elastica.
Questa volta, spendendo poco poco di più ho optato per il “lusso” e ho acquistato uno scompartimento a due letti, quindi abbiamo una piccola stanza tutta per noi. Il numero dei posti? Ovviamente 15 e 16, i due numeri che ci stanno perseguitando dal primo viaggio in pullman per il Gobi. Su tre autobus su quattro eravamo seduti al 15 e 16, e ora pure in treno. Ce li tatueremo?La campagna mongola che punta a nord ci corre di fianco e se al mio arrivo in questo ambiente ero stupita e meravigliata, ora una parte di me ha un bisogno spasmodico di bosco, di vedere qualche albero e uscire dall’ondulato piattume di questi mari d’erba che ci circondano da dieci giorni.
Desiderio presto esaudito perché attraversiamo delle montagne. Alberi, fiumiciattoli, atmosfera quasi alpina, se non fosse per le troppe betulle e i cavalli che corrono liberi. Ma l’idillio finisce presto e rieccoci nella versione più verde di ciò che c’è a sud di Ulaanbaatar.
Il resto della giornata passa leggendo, cenando (niente vagone ristorante, purtroppo), giocando a carte. Con l’arrivo del buio arriva un temporale con tuoni e lampi che ci corrono a fianco, sempre più vicini.
Il controllo doganale ci ferma due ore in Mongolia e un’oretta all’ingresso della Russia. Tutto va liscio, nonostante gli spaventosi omoni che parlano solo russo, ti cacciano dalla tua cabina e con una torcia si arrampichino ovunque controllando che non ci sia nessuno o nulla nascosto.
Con loro in cabina entra anche una zanzara, a darmi il definitivo benvenuto in Siberia.
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